Sul Giornale di Napoli, appena quel periodico venne a sapere (com'egli disse con parole per noi lusinghiere) che noi attendevamo a trattarne distesamente, uscì un articolo sulla Compagnia della Teppa. Quasi contemporaneamente ne uscì un altro sul Pungolo, milanese.
Ma noi, ringraziando que' due periodici delle parole gentili espresse a nostro riguardo, osiamo asserire che il ritratto che essi fecero della famosa compagnia non è conforme all'originale, e che però siamo indotti a credere l'abbiano confusa con qualche altra. Essi la fanno scaturire come una guasta propaggine della Carboneria, e pongono la sua durata dal 1821 al 1829. Ma non c'è nulla di men vero; chè, sorta invece nel 1817, essa era già dispersa e soffocata nell'anno 1821. E fu precisamente nei giorni estremi della sua vita che la parte più generosa di quel corpo immorale, sotto la falsa luce delle orgie e delle prepotenze (che il governo austriaco tollerava e forse ajutava), si convertì repentinamente, prestando mano a quella società segreta che si costituì allora tra noi non già col nome di Carbonari, ma di Federali, e tramutando le così dette Vendite in altrettante Chiese, di cui la principale era a Milano, le figliali in tutte le città dell'Alta Italia e dell'Emilia.
Se la Compagnia della Teppa non avesse avuto un tale esito, per verità che non meritava la pena che la storia e l'arte se ne occupassero. Come episodio comico avrebbe forse potuto provocare qualche ilarità; ma gl'intenti quasi sempre bassi e triviali, a lungo andare, avrebbero soffocato anche il riso nelle bocche dei lettori onesti.
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