Gių dunque le armi, via gli strumenti e ritorniam tutti insieme a santificare la pace all'osteria...
Siccome non v'erano antecedenti rancori né cagioni di odio profondo, l'aspetto, la voce, il contegno del giovine amico del Baroggi, cosė fra il farabutto e il bizzarro, mise in un istante la pace e l'allegria, dove un momento prima aveva infuriato la tempesta.
Essi partirono. L'orchestra e gli strumenti furon levati, i rimasti della folla si allontanarono, le finestre si chiusero, le virili berrette da notte tornarono a comprimere i guanciali accanto ai muliebri bandeaux; e i silenzj profondi di quella notte non furono pių turbati da rumori nč lieti nč tristi.
Giunte che furono le due schiere rappacificate al canto dei Meravigli, che risponde al corso di porta Vercellina:
- Per andare all'osteria, disse il professore Majno, l'ora č troppo tarda. Domani alle 9 debbo dar la solita lezione al Conservatorio. Proporrei dunque di trasportare ad altro giorno la celebrazione della pace.
- Allora troviamoci tutti domani alle ore quattro all'osteria del Galletto, soggiunse il conte Emilio Belgiojoso.
- Domani, signor conte, č l'ultima sera della stagione, osservō il tenore Bonoldi. Ella sa che in queste benedette ultime sere bisogna cantar due volte lo spartito, e contendere colla Camporesi la mia parte di corone e di fiori.
- Ebbene, dopodomani.
- Dopodomani, ripetč il conte Alberico B..., e prego tutti questi signori ad accettare il pranzo da me. La proposta di mandare all'aria la serenata, disgraziatamente, fu mia, tocca dunque a me a pagar la multa.
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