Il signor Giocondo Bruni, messisi gli occhiali, si collocò dietro la testa del giovane Giunio per tentare di leggerla anch'esso. Il giovane Suardi intanto s'alzò, e dopo aver fatti alcuni passi per la sala, si piantò innanzi al ritratto di donna Clelia colle braccia incrociate sul petto. La baldanza provocatrice e gioviale che abitualmente saettava da tutti i muscoli della sua bella faccia era scomparsa affatto, per dar luogo ad una concentrazione accigliata e cogitabonda. Sì volse poi di tratto a queste parole del signor Giocondo:
- E dire che ci vollero settant'anni per verificar quello che mio padre già aveva indovinato il dì dopo il fatto avvenuto!... ma or venite un momento nella mia camera da letto.
I due giovani seguirono il signor Giocondo.
- Quello là è il ritratto di mio padre, disse il Bruni additando un dipinto ad olio dentro una gran cornice barocca. - Quell'altro è il ritratto della celebre Gaudenzi, mia madre, quella per cui fu creduto avesse il tenore Amorevoli scavalcato il muro di cinta del giardino del palazzo V... in contrada Velasca... la notte che vostro padre trafugò...
Il giovane Suardi si scosse.
- Vostro padre, eccolo lì... continuò il Bruni. Guardate che bell'aria di testa. Aveva vent'anni allora. E adesso vi farò vedere una cosa rara... molto rara oggi, e aperto un armadio e trattane una scatola:
- Questa, disse, è una maschera-ritratto, di quelle ch'erano in gran voga a quel tempo; è della più perfetta somiglianza, come fui assicurato; mio padre se la mise sulla faccia a un veglione del teatro ducale per ingannare la contessa Clelia.
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