Non era di quegli scellerati che, pur nel mezzo dell'abbondanza e di tutte le cortesie della fortuna, pur nel fasto e tra le grandezze, sono sempre rabidi di far male altrui, al pari delle tigri che, anche nella piena sazietà del cibo e colle zanne ancora insanguinate di preda recente, si avventano tuttavia sul primo che passa, non per altro, che per metterlo in brani. Il Galantino, crediamo di averlo già detto, assomigliava al leone che, quando ha ben mangiato, vive e lascia vivere.
Per tutte queste cose, il Suardi ebbe amareggiata la vecchiaja da questo assiduo pensiero di una famiglia che amava, e che, per colpa sua, trovavasi sul pendio della povertà, senza ch'egli potesse venire in suo soccorso. Più volte aveva pensato di istituire eredi in due eguali porzioni il proprio figlio e la famiglia Baroggi. Ma quando il figlio divenne adulto e crebbe in modo da lusingargli ed esaltargli il paterno orgoglio, naturalmente mise da parte anche quel disegno, e provvide ad accrescere anzichè a diminuire le ricchezze da lasciargli. Godeva di vedersi così fedelmente riprodotto nell'aspetto fisico del giovane Andrea; si esaltava all'idea che questo, simile a lui per tutti i doni materiali, più attraente per quelli di una educazione compita, non aveva bisogno di lacerarsi la fama onde mettere insieme quella ricchezza che a lui era costata l'intero sacrificio del buon nome. Così il Suardi passò gli ultimi anni della vita. E nell'ottantesimoterzo cominciò a guastarsegli la salute. Allorché la salute diventa mal ferma, e gli organi della digestione vengono ad infiacchirsi, l'uomo si fa più apprensivo, il mondo gli si scolora; retroguardando sul proprio passato, ha noia e pentimento e rimorso di quegli atti perversi che in una eccezionale vigoria fisica e nella baldanza di una natura ambiziosa non ha avuto il minimo dubbio di commettere, e tanto più questo rimorso si fa acuto, in quanto vede perdurare ed esacerbarsi in altri le tristi conseguenze di quegli atti stessi.
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