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      Un'altra sua convinzione poi era, che fosse stato lo stesso Galantino a metter fuori quel documento. A tali presunzioni e convinzioni s'aggiungeva la coscienza, per la quale ben sapeva il marchese di avere, a forza di corruzione, fatta violenza alla giustizia; e che però il vecchio Suardi, con cui era già stato in lizza per altre vertenze private, avrebbe potuto, sollecitato dal puntiglio, che è implacabile più del medesimo interesse, trovare il modo di far saltar fuori, senza proprio danno, tutta la cabala ascosa. Per tutte queste considerazioni, allorchè venne a sapere che il vecchio Galantino era morto, respirò e si tenne salvo, alla scomparsa di quella spada di Damocle, che per tanti anni gli era rimasta sospesa in sul capo.
      Non ci vuole pertanto un eccessivo sforzo d'induzione, per imaginarsi che effetto dovesse produrgli quel biglietto sul quale era il nome e cognome di Andrea Suardi; che effetto ancor peggiore l'avere appreso dal conte Alberico B...i che quel nuovo Andrea era figlio del famoso Galantino, e che in un bisogno, poteva riuscire assai più formidabile dell'antico.
      Questi effetti però, se furono acuti e lancinanti come le fitte di un dente molare guasto, investito da un colpo d'aria, furono anche passeggieri. Era troppo l'orgoglio suo, troppo grande l'idea che aveva della propria autorità e del nome influentissimo del proprio casato, troppo tenace la sua ostinazione, troppo profondo lo sprezzo che sentiva per chiunque fosse sorto dall'infima plebe, perchè egli pensasse in prevenzione a metter giù le armi in faccia a quel nuovo nemico.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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