- Che cosa ho da credere?... Credo che se io fossi venuto in questa casa, e dopo aver sentito a cantare questa ragazza, avessi taciuto e non avessi fatto quel che ho fatto, sarei stato o un grand'asino, o un gran birbone; sempre, inteso, nella mia qualità di maestro di musica, che conosce l'arte propria, e l'ama, e desidera il suo maggior progresso.
- Sarebbe ben meglio che quest'arte non fosse mai venuta nel mondo.
- La musica?
- La musica, sì, la musica.
- Ma davvero che ella, monsignore, non mi sembra quel prete dotto che ho sentito tanto a decantare! Ma la creazione non è forse un'armonia sola? E non si suol sempre dire: il concento, l'armonia delle sfere? Ma gli angioli non cantano in cielo? E non si vedono a suonare la viola e il violoncello in tanti quadri di chiesa? Il re Davide non cantava? Santa Cecilia non ha un posto riservato in paradiso come suonatrice d'organo emerita? Ma cosa dice mai, monsignore? bestemmiar la musica, volerla proscrivere, crederla funesta al mondo!... Ma so bene che mi canzona... A questi patti bisognerebbe mettere in pensione anche il Padre Eterno, che è il primo maestro di musica!
- Ella ben sa, signor maestro, ch'io non parlo della musica sacra. Così la musica non fosse mai uscita di chiesa! Parlo della musica teatrale; parlo dell'arte melodrammatica. La corruzione del costume, l'effeminatezza, i peccati divenuti oggetti di moda e di gara nel bel mondo, datano precisamente dal giorno che la più pericolosa delle umane passioni fu portata sul palco scenico, e, vestita di melodie maliarde, accese di più fatali ardori il sangue della gioventù.
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Davide Cecilia Padre Eterno
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