Il contino, fin da ragazzo, a chiarissimi segni mostrò di non essere un bastardo; mostrò di poter appartenere alla classe dei birboni volgarissimi. Manesco e crudele coi fanciullini più piccoli e più deboli di lui, per trafugar loro un balocco, fu colto spesso dai servitori e dall'ajo a commettere tali atti da far raccapricciare, e quando questi venivano riferiti alla madre, piuttosto severa, allora dava saggi così cospicui d'indole bugiarda, che non era possibile cavargli di bocca la verità nemmeno a strozzarlo. Ma, ciò che è peggio, questa sua avversione a confessare la verità non si limitava a difendere sè stesso, ma invadeva il campo dell'invenzione; per vendicarsi, si godeva a raccontar cose gravissime a danno dei servitori, e con tale malizia e astuzia, che, a tutta prima, non era possibile negargli fede; quindi, più d'una volta, accadde che qualche servitore venne scacciato, che qualche frequentatore della casa si vide, senza poter mai indovinare il perchè, male accolto dai padroni, e anche messo alla porta.
Collocato in un collegio di gesuiti, primeggiò fra i condiscepoli per una memoria straordinaria. Delle facoltà dello spirito, in quell'età che esse si spiegano e si sviluppano, diede poi a divedere di non avere di distinta che quella sola; le altre erano tutte mediocrissime. Però, quando fu a quel punto degli studi che non basta soltanto imparare e ritenere, ma bisogna produrre; più di un condiscepolo lo sopravanzò e di molto; e allora quell'orgoglio, che in lui non aveva potuto destarsi prima, balzò fuori di colpo, e insieme coll'orgoglio anche l'invidia; bugiardo com'era, e in quel modo più infesto che abbiamo detto dianzi, mise sovente i condiscepoli in gravi condizioni al cospetto dei maestri.
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