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      Questa volta tutto camminò col trionfo della giustizia. Ma fu per poco. Essa morì in capo all'anno, lacerata d'animo, disfatta di corpo, ridotta a tal condizione che pareva una larva, anzichè una persona viva. Quando gli giunse la notizia della morte di lei diede un banchetto ai contadini della villa dov'egli erasi ritirato colla concubina, e la notte volle che il palazzo fosse illuminato a giorno.
      Vedremo in seguito, come, nonostante questi orribili precedenti, quest'uomo, in conseguenza di pessime istituzioni sociali, per alcune leggi improvvide, per una podestà lasciata con soverchio abbandono a chi non deve averla e non la merita; per l'onnipotenza del denaro che dà la ragione a chi ha torto; per la viltà degli uomini, complice troppo spesso l'autorità stessa, fu lasciato ancor padrone del campo: come un lupo, che, dopo essere stato lo spavento delle madri e dei bambini nel villaggio remoto, non si provvede a prenderlo nel laccio, nè a coglierlo coll'archibugio, ma lo si lascia ancora vagar liberamente per le campagne.
     
     
      XIV
     
      Quando vedemmo il conte Alberico mescolato ai soci della Compagnia della Teppa sulla piazzetta di San Pietro e Lino, egli era nella massima esaltazione di un furore amoroso per madamigella Gentili; aveva già mandato persone a parlare ai parenti di lei, a far proposte di matrimonio. Aveva anche ricevuto due rifiuti, che sempre più gl'irritarono quel suo desiderio ardente; era inoltre tutto sossopra per le smanie gelose che alcuni suoi conoscenti gli avevano messo in cuore, col dirgli che la fanciulla era innamorata di un altro.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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