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      Nella sua condizione d'impresario era perciò uno strozzino inesorabile di maestri, di cantanti e di ballerini. Fiutava così in di grosso il vero merito, come una volpe che, così anche da lontano, alzando il muso nell'aria, sente odor di pollastro; e tosto gli era sopra per impadronirsene e divorarlo. Quando sentì l'entusiasmo che madamigella Gentili aveva destato al teatro Re, senza por tempo in mezzo, pensò ad ipotecarla a suo vantaggio. Si recò dalla fanciulla, la lodò, ma in modo da farle capire che valeva molto meno di quello che essa potesse credere; le fece capire così vagamente che, se possedeva una voce simpatica, essa era però debole, segnatamente nelle corde di mezzo, e per di più, aveva un certo tremulo che a lui, pratico del mestiere, accusava i sintomi di un facile e vicino scadimento. Dietro questo esordio le propose una scrittura per sei anni, nel primo dei quali le avrebbe corrisposto lire cinque mila, sei nei tre successivi, otto mila negli ultimi due.
      I genitori rimasero sbalorditi di così misere proposte, e si guardarono in faccia quasi a dire: Il maestro Brambilla ci ha dunque ingannati. - E madamigella Stefania rispose che non poteva accettare quei patti in nessun modo, e che piuttosto avrebbe rinunziato per sempre alla carriera teatrale: l'impresario replicò, ragionò e sragionò, e conchiuse che sarebbe tornato entro tre giorni a sentir la risposta definitiva. Ma nel secondo di questi giorni comparve invece monsignor Opizzoni, impresario d'anime, a fare la sua proposta inaspettata.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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