Pareva quasi ch'ella fosse diventata la padrona di casa, perchè la madre adempiva ad ogni suo desiderio colla sollecitudine e la sommessione quasi d'una fantesca; e il padre era diventato dell'umore il più gajo, e al desco quotidiano era sollecito di servir la figliuola per la prima, chiamandola già contessa Stefania, così tra il serio e il buffo. Monsignor Opizzoni, che, essendosi accorto in principio dell'avversione della fanciulla per quel matrimonio, rigorosamente coscienzioso com'era, aveva già pensato di non parlarne altro; provò una soddisfazione ineffabile quando fu convinto che la fanciulla era contenta. Ringraziò il cielo con tutta la espansione del suo animo santo, e recatosi in casa del conte Alberico, gli fece, come suol dirsi, una paterna così calda, così eloquente, nel mettergli innanzi tutti gli obblighi a cui andava incontro nel legare per sempre alla propria vita quella della fanciulla; gli parlò con tanta effusione delle qualità squisite e maravigliose di lei, gli raccomandò con un fervore così appassionato, perfino colle lagrime agli occhi di provvedere con ogni sforzo, con ogni cura a farla felice, che per verità, chi avesse ascoltato quel discorso, avrebbe dovuto piangere di tenerezza.
XVI
In quanto al conte, il delirio che lo invase nel pensiero che avrebbe realmente posseduto quel capolavoro di bellezza femminile, fu tale che in realtà era diventato quasi buono; non era più invidioso di nessuno, aveva smesse le menzogne e le calunnie; e stette intorno alla fidanzata con ogni maniera di gentilezze.
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Stefania Opizzoni Alberico
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