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      Questo divertimento, per quanto fosse puerile, come dicevano gli uomini gravi e non più giovani d'allora, fu potente a far cambiar direzione a centomila gambe. Fosse la novità della cosa; fosse che (siccome si usa nelle feste da ballo, che il cavaliere si piglia seco la dama o la damigella, e anche senza conoscerla, dalla usanza tiene la sanatoria di danzare con essa e di abbracciarla a suon di musica), fosse dunque che i giovanotti e i cacciatori d'amore avessero il permesso di tirarsi in grembo le signore più o meno maritate, le fanciulle più o meno custodite, e che alle fanciulle e alle signore non dispiacesse niente affatto di sedere a quel modo, il fatto sta che l'insolito gioco ebbe un successo di entusiasmo e di delirio. Nelle giornate di giugno il concorso cominciava all'alba e finiva a mezzanotte; cosa che si comprende facilmente quando si sappia che con soli 50 centesimi si pagava l'ingresso e tre slitte.
      Nei giorni di festa e di giovedì l'affluenza delle carrozze era tale, che dal ponte alla porta dovevano procedere lentissime in due file, ed anche far lunghe soste. Il fortunato importatore di questa slitta senza ghiaccio guadagnò per molto tempo più di mille lire al giorno. Quando uno, nel caso di metter fuori una ditta, sceglie per socio il peccato, è quasi sempre sicuro di far fortuna. In conseguenza però di parecchi disordini avvenuti, la polizia dovette sospendere quel divertimento per qualche tempo; e non ne concesse di nuovo l'esercizio che col primo maggio del 1820. Fu allora che il Monte Tabor, abbellito di nuove piantagioni, ornato di pergolati e padiglioni, rallegrato dalle bande musicali, col libero ingresso alla slitta accordato a chi desinava in quell'osteria, tornò ad attirare a sè tutta la folla gaudente della città di Milano.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Monte Tabor Milano