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      Al rumore della carrozza accorsero i famigli del palazzo, che era quello della Simonetta appunto, situata tra porta Tenaglia e porta Comasina, e celeberrima per il suo eco. Parve che quella visita fosse aspettata. La Falchi fu fatta discendere. Giosuè Bernacchi allora le si presentò, e dandosi a conoscere: - Ringraziatemi, le disse, se ho saputo trarvi di pericolo.
      Di lì a poco giunsero gli altri due fiacres. Ne uscirono nove uomini, fra i quali il Bichinkommer. Tutti fecero cerchio intorno alla Falchi che, vedendo il capomastro Granzini, si smarrì, senza che però potesse comprender nulla.
      A rendere più ampia la linea del semicerchio discese un uomo alto e di forme robuste, affatto calvo, quantunque ancor giovane, tinto fortemente di quel color di mattone, che di consueto è il deposito della triplice concorrenza della salute, del sole e del vino. Sebbene in abiti da caccia, aveva aspetto e modi signorili, indarno dissimulati da una, poteva dirsi, abitudine di prepotenza ostentata e da uno sguardo particolarissimo, nel quale un osservatore esperto poteva vedere a lampeggiare un duplice raggio di sinistra gravità e di vivezza comica. Pareva un miscuglio d'innominato e di don Giovanni, col naso pavonazzo di Falstaff e il ghigno provocatore di don Cesare di Bazan. Colui aveva due soprannomi; da' suoi pari e in città veniva chiamato il barone Bontempo; in villa e dai contadini era denominato El Mazzases, per aver ucciso sei aggressori, mentre viaggiava affatto solo in sediolo. Non era il padrone della Simonetta; ma la teneva soltanto a pigione e da poco tempo; e ciò sia detto a scanso d'equivoci.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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