«Ministri per gli affari esteri sarebbero dunque il marchese Giorgio Trivulzio e il conte Federico Confalonieri. Per gli affari interni l'avvocato Carlo Marocco e il consigliere aulico Paolo De Capitani. Per la giustizia e la legislazione il consigliere Alberti e il Bellani. Per le finanze il Pecoroni. Per la guerra il colonnello Arese e il Locatelli, già commissario generale nel ministero della guerra. Pel culto monsignor Sozzi, vicario della Metropolitana.
«Per la sicurezza pubblica si è pensato al barone Smancini, già prefetto del dipartimento dell'Adige; oppure al Luini, già direttore generale di polizia. Segretari degli ordini e della corrispondenza sarebbero poi Carlo De Castillia, Pietro Borsieri, ora protocollista di consiglio all'Appello, Tagliabò e Berchet.»
Il Bazzoni fece pausa, e invitò gli astanti a fare le loro osservazioni. Allora sorse il Baroggi, e disse:
«Non si può negare che quest'elenco sia stato redatto con sapienza e con sufficiente cognizione degli uomini, ma mi sembra che siasi data più importanza alla posizione già occupata dai diversi nominati, all'alta loro condizione sociale e alla ricchezza, che alla prevalenza dell'ingegno, avuto riguardo segnatamente a coloro che godono già di una gran fama in Europa e in Italia. - Mi fa senso, per esempio, come pel ministero di giustizia e legislazione, nessuno abbia pensato a Romagnosi, per i consigli e l'assidua collaborazione del quale il mediocrissimo Luosi sembrò l'ideale del giustiziere; e invece che a lui, siansi gettati gli occhi sovra un semplice amministratore d'ospedale.
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