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      È a questi patti che una nazione è una Nazione. - O Italiani, rispettate gli ingegni! - ripetiamo le parole di Foscolo, senza delle quali le nostre andrebbero disperse o fraintese.
      Rossini in dodici anni scrive quaranta spartiti che fanno di lui il più rivoluzionario, il più immaginoso, il più versatile, il più grande dei maestri melodrammatici d'Italia e d'Europa; ma presto la sua patria, volubile come l'antica Grecia, annojata di lui e de' suoi trionfi, lo coglie al varco in un momento di stanchezza e d'indolenza, e lo umilia con quel trasporto onde in addietro lo aveva esaltato; poscia ostenta di non comprenderlo nel punto massimo della sua sterminata abbondanza, allorchè nella Semiramide aveva gettate a profusione le ricchezze della sua fantasia, come i principi del medio evo in un giorno di corte bandita; e lo lascia deluso, iracondo e ancora povero.
      Gli Italiani trattano gl'ingegni come gli agricoltori i filugelli: arricchiscono della loro seta e li gettano poi, conversi in bruchi, nel letamajo. - Ma Parigi accoglie Rossini, il quale in quella Babilonia era andato a cercar nuovi amori per divagare gl'importuni pensieri, al pari di un amante che ha trovato la sua donna infedele; e la capitale del mondo lo vendica, lo esalta, lo tratta come un trionfatore coronato, erigendo simulacri marmorei a lui vivo, e intitolando le pubbliche vie del nome suo.
      Parigi è la capitale del mondo, perchè nelle cose della scienza e dell'arte l'entusiasmo sempre sveglio non permette mai di sconfessare la verità che sfolgora.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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