- Così è il Manzoni; l'elemento comico corre e serpeggia per tutto il suo romanzo, sbizzarrisce persino tra le lugubri scene del Lazzaretto. È alle spalle di don Abbondio che un'intera generazione ha riso e rideranno i futuri. - Ma se questa figura ci allarga i precordi di giovialità, Cristoforo e Federico ci appianano il volto di una severità compunta; e nell'Adelchi il dolore raggiunge una grandezza tragica, che non si trova nemmanco in Alfieri, ma è quella medesima altezza tragica che, allorchè vien raggiunta dal gioviale Rossini, lo fa superiore allo stesso Gluck appassionato.
«Un'altra qualità caratteristica per cui Rossini e Manzoni non possono confondersi cogli altri ingegni che fioriscono in questo tempo, sta in quell'originalità indipendente, per la quale diedero un movimento affatto nuovo all'arte loro; sta in quella pienezza di facoltà per la quale, anche allorquando non riformarono del tutto un ramo dell'arte, lo completarono almeno. Monti riprodusse, non completò, non riformò.
«In esso vedonsi distinti tutti gli elementi coi quali eran nati molti poeti, prima di lui; ma non ebbe mai la virtù di assimilare tanta varietà di caratteri in una pasta unica, da cui potesse uscire, se non la novità assoluta, almeno l'apparenza della novità. Non così fu di Manzoni; egli fece in letteratura precisamente quello che fece Rossini in musica. Mise a contribuzione tutti quanti, ma lo fece in modo che non apparisse più traccia d'essi nel nuovo edificio letterario ch'egli costrusse sulle loro fondamenta e coi loro materiali; egli non invase alla spicciolata i dominj altrui per trasportare in casa propria un'ibrida varietà di maniere e una veste screziata di più colori, ma trasse gli altri nel proprio dominio e li sottomise alle proprie leggi, unificandoli.
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