Sento gli avversi numi e le segreteCure che al viver mio saran tempesta.
- Io so che tu dici la verità, povero Giunio; eppure qui in Parigi quanti mi han parlato di te, credono che tu sii uomo piuttosto strano che infelice, piuttosto spensierato che cogitabondo.
- Lo crede questo volgo elegante e ricco del caffè Tortoni, ch'io rallegro spesso coll'epigramma che mi è abituale; ma non i pochi che hanno l'attitudine del pensare, e coi quali alcuna volta mi sprigiono.
- Eppure cagioni reali e visibili d'infelicità tu non ne hai. Sei nel fiore della giovinezza, sei avvenente, e di quell'avvenenza non pomposa la quale tanto piace al sesso gentile che tu non odii; sei d'ingegno acutissimo e di facile e simpatica facondia. Per di più, se in addietro non hai conosciuto la povertà, sebbene costretto a viver parco, d'ora innanzi ti adagerai nella ricchezza.
- Ventimila lire di rendita!... esclamò il Suardi.
- Dite trentamila, osservò il Montanara. Ma questo Giunio è sempre stato dello stesso umore. Ci siam conosciuti a Pavia; io studiavo il quarto di legge, lui il primo. E fin d'allora vedendolo sì tristo e sospettandone la cagione: Quando sarò laureato, gli dissi, e passerò avvocato, penserò io a distrigarti di tutto. E così fu.
- Ma, e come mai, domandava il Suardi all'avvocato, a voi riesce nella vostra professione di ottener cose che per gli altri son dichiarate quasi impossibili?
L'avvocato Montanara in fatti, come sapranno tutti i nostri lettori che lo hanno conosciuto o ne han sentito parlare, oltre a una gran dottrina legale, possedeva un tatto così squisito e acuto, che a lui riusciva spesso di dipanar matasse credute inestricabili.
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