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      E così facevasi cogli arsenalotti, siccome quelli che potevano, all'occasione, impadronirsi del punto più importante della città.
      «Di questi sforzi veneziani e di questo senno che mostrarono nell'adoperare quei mezzi, è tempo che si parli, perchè fin qui si è creduto e si crede anche da parecchi che dappresso esplorarono il movimento italiano, che la rivoluzione di Venezia sia stata l'affare d'un giorno; e che la sua riuscita così felice e completa sia dovuta a fortuna più che a fatica. Credetelo a me: in que' giorni pieni di vita e di speranza, il popolo veneziano e i suoi capi fecero prodigi. Tommaseo e Manin furon veramente benemeriti, e Manin ebbe istanti luminosi ed eccezionali di prontezza, di sagacità, di coraggio.»
      - Ma, a parer mio, osservò il Morandi, fu atto improvvido l'aver proclamata la repubblica prima di sentire il voto delle altre città d'Italia.
      - Oggi è facile dir così, rispose il Baroggi, ma bisognava trovarsi qui allora. È necessario tener conto delle tradizioni speciali di questa città, e allora converrete che, se quello fu un errore, fu però un errore sublime.
      Il Baroggi tacque un momento, e, fermatosi tra le colonne di Todero e del leone, girò l'occhio sugli edifizj augusti della piazzetta e della piazza. Muggiva cupo il cannone di Campalto e Campaltone. Nel silenzio e nella solitudine della notte si sentiva ad intervalli quel suono particolare, come di stoffa serica lacerata, che produce l'aria quand'è investita da una palla. Da un mese i cannoni alla Pexens, collocati a quarantacinque gradi, percorrevano quattromila e cinquecento metri di spazio, e tenevano in assiduo pericolo due terzi della città.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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