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      Qui in Venezia i ladri si introdussero a manomettere il pubblico danaro, non accorgendosene l'intemerato Manin, dall'ideale della sua onestà fatto incapace a sospettare l'altrui perfidia. In pochi giorni scomparvero diciasette milioni dalla cassa dell'erario: - a Parigi vive un ricco che prima era un povero operajo qui, e non si sa dove abbia preso i denari. Io non lo nomino, ma voi già sapete a chi accenno. Io vorrei che i giuristi inventassero una pena speciale, infamante, straziante, per questi ladri del pubblico patrimonio. In quanto a Manin e Tommaseo, certo che furono i primi, i più coraggiosi e più virtuosi cittadini di Venezia; ma la fatalità volle che tra loro ci fosse uno strano squilibrio di pensiero e d'aspirazioni. Manin innamorato di questa sua cara Venezia smarrì nell'intensità dell'affetto municipale l'estensione dell'ambito italiano; ecco perchè respinse in principio la proposta di un governo lombardo-veneto; poi di far centro Venezia di un governo italiano; in ultimo di aderire alla Costituente. Tommaseo invece, portato, dalle contratte abitudini della sua mente e de' suoi studj, a percorrere le indefinite regioni dell'ideale, ed a considerare l'umanità nel suo più vasto significato, non istette contento ai limiti della sua cara Italia; ma delle affezioni sue amò far parte a tutti i popoli della terra. Scrisse note diplomatiche di consiglio e d'amore a tutti, perfino alla Germania. - Non vi scuotete, signor Sternitz, io vi conosco, vi amo, e vi ammiro, perchè non mi sembrate un uomo nato in quelle parti là; ma io non amo la Germania, l'incorreggibile Germania, incorreggibile perchè la sede del suo morbo cronico sta nella testa de' suoi pensatori e nella sua filosofia.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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