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      Un abataccio lungo, pallido e smunto soleva venire tutti i giorni dopo desinare a iniziarmi nei misteri della grammatica latina per tre soldi all'ora. Converrete meco che un latino di tre soldi non poteva essere certamente di prima qualità: prova ne sia che m'insegnava a declinare bonus, comparativo bonior, superlativo bonissimus. Quello però che maggiormente mi colpiva in sì degna persona, era un certo mal di stomaco che gli pigliava ogni giorno, proprio nel momento che lo zio chiudeva la porta di casa per fare una passeggiata. Il poveretto soffriva spasimi atroci, che potevano solamente esser calmati applicando più e più volte le labbra a un verdiccio bottiglione di vino, posto in un angolo della dispensa. Il vino era l'unico articolo di consumo che non fosse sotto chiave, perché non mi piaceva punto. Che il vino fosse uno specifico contro il mal di stomaco era una cosa molto strana; ma che il degnissimo abate non ne patisse mai tutte le volte che lo zio non si moveva di casa durante la lezione, era cosa anche più strana. Egli però si rifaceva di questa mancanza coll'entrare di così cattivo umore, che tutto quello che io facessi o dicessi, era detto o fatto male.
      Dentro a questo cerchio di vita dovetti muovermi per due anni interi, e dovevo restarvi un altro anno ancora per ordine espresso dei superiori, quando uno dei nostri vicini, un vedovo di settantaquattro anni, si pose in testa di ripigliar moglie. Questa cosa ebbe, tra gli altri suoi effetti, anche quello, per me inaspettato, di cambiare la mia prospettiva.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471