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      Era, ed è tuttavia costume in quei luoghi, che quando un vedovo torna al santo stato coniugale debba godersi gratuitamente il divertimento di una serenata a suon di fischi. Sull'imbrunire del giorno in cui erano state celebrate le nozze, quando appunto noi eravamo a cena, fummo riscossi da un gran fracasso di tamburi, di pifferi e di corni, il quale ci richiamò alla finestra. Era davvero una occhiata stupenda. La strada principale, su cui si stendeva il nostro sguardo e dove abitava, tre sole case discoste dalla nostra, la coppia sfortunata, formicolava di gente. Frotte di contadini, a tre a tre, si avanzavano processionalmente, chi agitando pezzi di pino accesi e fermati in cima a delle pertiche, e chi portando piante di malva che parevano alberi, per gentile avvertimento allo sposo che volesse moderare l'ardor giovanile. Nel centro della processione s'avanzava un carro attaccato a quattro asini, sul quale sedevano maestosamente due enormi maiali, e loro serviva da verdeggiante baldacchino un arbusto di malva così gigantesco, che passava in altezza il primo piano delle case. Dietro seguiva una calca di gente, uomini, donne, ragazzi, tutti provvisti di pifferi, corni, tamburi, palette, zappe, bidenti e, in breve, di ogni arnese che potesse far rumore. Il carro si fermò appunto sotto le finestre del fortunato sposo, e ad un cenno del direttore di questa multiforme orchestra gli uomini cominciarono a urlare, le donne a strillare, gli asini a ragliare, i maiali a grugnire, i tamburi a battere, le palette a fare strepito, e un tale indiavolato baccano si levò, da spezzare le orecchie ai vivi e destare i morti dal sonno.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471