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      Mi proverò a darne un'idea, facendo uno schizzo dei quattro tirannelli che erano allora i nostri signori e padroni.
      Anastasio, così si chiamava il principale tiranno, era un mostriciattolo sbilenco, con una gran testa sproporzionata alla sua statura di nano, con naso schiacciato, una bocca immensa, di modo che sembrava appartenere alla razza felina: insomma un giovine Quilp. Come mai questo essere, privo di ogni prerogativa fisica e morale, insolente nella prospera, vile nell'avversa fortuna, i cui distintivi non erano altro che una rapacità senza limiti ed una crudeltà fredda e beffarda, fosse riuscito a prendere tanta padronanza sopra di noi, è per me ancora un mistero. Ma il vero si è che egli aveva su di noi una inesplicabile e così grande padronanza, che il suono della sua voce un poco alterata bastava a far tremare i più coraggiosi.
      Anche adesso che sono passati trent'anni, quando ripenso alle grandi tribolazioni con le quali quel genio malefico avvelenò i nostri anni giovanili; quando rammento le molte notti insonni e le lacrime amare versate per cagion sua, il petto mi si gonfia d'ira, e per lo sdegno mi trema, scrivendo, la mano. Racconterò una cosa che caratterizza, a mio credere, quella triste natura.
      A quei giorni un grande fatto volgeva a sé l'attenzione di tutta Europa, intendo dire gli sforzi eroici d'un pugno di Greci contro la tirannide musulmana. Qualche fioca notizia di questa lotta era penetrata anche nella nostra scuola, e non c'è bisogno di aggiungere che un sentimento di simpatia per la causa greca e cristiana si era destato nel cuore di tutti noi.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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