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      Quando, due anni innanzi, entrò la prima volta in collegio, i suoi compagni della terza camerata, nella quale fu messo, non gli avevano risparmiato nessuna di quelle bricconerie e di quelle gherminelle che per un costume tradizionale, antico quanto il collegio stesso, erano riserbate ai novizi: il povero ragazzo se ne accorò tanto, che ne pianse e singhiozzò sino al punto di ammalarsi gravemente.
      Il suo stato d'abbandono m'impietosì; perciò me ne feci il protettore onde fin da quel giorno visse senza alcuna molestia. Fin allora mi pose quel grande ed esclusivo amore, direi quasi adorazione, che non mi venne mai meno con l'andar del tempo. Egli era per me un amico tenero e devoto, ed io l'amavo come un fratello.
      Alfredo, adunque, aveva un passerotto da lui ammaestrato a far molti versi, ed egli ne era innamoratissimo. Un bel giorno saltò l'estro ad Anastasio di mandargli a chiedere l'uccellino. Alfredo recisamente glielo negò. La mattina dopo trovò il tavolino, dentro al quale aveva chiuso il passerotto per salvarlo dal tiranno, scassinato, e l'innocente bestiola stecchita, con segni manifesti di morte violenta.
      Figuriamoci la disperazione di Alfredo! Singhiozzò, andò sulle furie, si strappò i capelli. La mia indignazione giunse al colmo e finalmente traboccò. Ad alta voce, dinanzi ai compagni, ne incolpai Anastasio. La generale riprovazione per questa malvagità fu tale, che Anastasio si scoraggiò davanti all'accusa e negò di avere avuto mano in quel fatto, protestandosi innocente.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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