Pareva che la cosa dovesse finir lì. Ma la catastrofe aveva troncato d'un colpo tutte le mie incertezze. Fin da quel punto sentii che un tale stato di cose non poteva durare, e giurai dentro di me di farla finita.
Conseguir subito il mio intento era cosa alla quale, naturalmente, non si poteva pensare. Non avevo altri aiuti che Alfredo, e fra me e lui, qualunque cosa si facesse, non era possibile tener fronte ad Anastasio e a' suoi compagni. C'erano, è vero, alcune anime elette nella prima camerata, miei grandi amici e nemici personali di Anastasio, che più volte mi avevano stimolato ad abbatterlo, e sulle quali sapevo di poter fare assegnamento; ma la loro assistenza non sarebbe stata che per qualche tempo, e perciò insufficiente.
Era dunque necessario, per la buona riuscita del mio disegno, guadagnare e tirare dalla mia un certo numero de' miei compagni; impresa, a dir vero, difficile: ma speravo di venire a capo, mettendo sulla bilancia il peso del mio nome e del credito che godevo.
Per quanto ripugni alla mia modestia, il dovere di storico verace mi costringe a dire che il mio nome era autorevolissimo tra' miei compagni. Sempre il primo della classe, avevo raccolto nella mia umile persona tre medaglie d'onore, nell'Eloquenza, nella Poesia e nella Geometria, cosa forse senza esempio negli annali del collegio. Questo mi conciliava molto rispetto e considerazione, non solo da parte dei compagni miei di camerata, ma anche da tutta la comunità. I maestri mi erano larghi di lodi e mi additavano agli altri come un bell'esempio, specialmente il maestro di poesie, che nella semplicità del suo cuore vedeva in me, per usare la sua classica espressione, il futuro restauratore del Parnaso italiano!
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