Verso sera la deputazione ritornò. Il principe, naturalmente, era glorioso: l'intera camerata formò un cerchio intorno a lui silenziosa e stando a bocca aperta. Egli si mise a raccontare le meraviglie di quel giorno con una enfasi che pareva raccontasse le Mille e una notte.
Un magnifico tiro a quattro aveva condotto la deputazione sotto i portici del palazzo reale a pie' dello scalone di marmo che mette agli appartamenti di Stato.
Un maestro di cerimonie in abito nero e con la spada al fianco le andò incontro, la condusse su per lo scalone e attraverso un vestibolo così pieno di brillanti generali, ciambellani e persone di corte, che sembrava un mare ondeggiante di shakos, spalline e luccicanti ricami. Qui fu affidata ad un ciambellano con sciarpa d'oro che le fece strada per una fuga di appartamenti, al cui paragone erano un nulla i sì celebrati del Califfo di Bagdad, fino alla R. anticamera. Dopo una breve pausa, ecco aprirsi una porta; e il re in persona, risplendente come un sole, le stava dinanzi. S. M. si alzò, si avvicinò, palpò dolcemente la guancia al principe e gli chiese con gran gentilezza come stessero papà e mamà, quanti anni avesse, in qual classe fosse, e gli raccomandò di essere buono, ecc.
Ritiratisi dalla regia presenza, i nostri deputati corsero di galoppo alla villa del generale San Martino, padre di uno di loro. Qui li aspettava un pranzo lautissimo, durante il quale una banda militare sonò nel giardino. Furono accarezzati, corteggiati, colmati di gelatine, di mazzolini, e ogni momento era per loro un nuovo piacere.
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