Queste prove erano molto incoraggiate dai maestri, come stimoli di utile emulazione, ed avevano il nome di provoche. Io dunque feci proposito di sfidare il principe nella poesia; e fin da quel momento m'entrò addosso tale impazienza per la lezione del dopo pranzo nel giorno seguente, che potei appena chiudere occhio.
La mattina Alfredo venne da me fregandosi le mani e mi disse: "Ma non sai, Lorenzo, che quelle tue parole di iersera sul sonetto rubato hanno fatto molta impressione sui nostri compagni? Hanno preso il Frugoni e hanno toccato con mano la verità. Il sonetto del principe non c'è che dire, è rubato di sana pianta; e Federigo, a cui sarebbe spettato il premio, è su tutte le furie".
E ha mille ragionirisposi io.
Dimmi, Federigo viene sì o no dalla nostra?
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Sì, sì, tutto a suo tempo. Ma io ho appunto ora qualche cosa per le mani. Credi tu che l'abbia già fatta finita col principe?
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Non saprei; ma starei per dire che tu mediti qualche gran disegno
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Ci hai datodiss'io col tono di Napoleone la vigilia del 18 brumaio; "oggi appunto lo provoco".
A meraviglia!
gridò Alfredo battendo le mani; ma vistomi col dito sulle labbra in segno che stesse cheto, cambiò quella chiassosa manifestazione di allegrezza in una mezza dozzina di capriole.
La lezione di eloquenza si faceva la mattina, quella di poesia dopo mezzogiorno. Udito il segnale della prima, mi posi sotto il braccio i libri, assai seccato per il rinvio dei miei piani. Può il lettore entrar con me nella scuola per osservare un maestro assai curioso ed una scena molto strana.
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