Quando il maestro ordinario era incomodato, ne teneva le veci un aiuto, un prete secco allampanato di circa trent'anni. Il vero nome m'è fuggito dalla memoria, perché aveva sempre da noi il soprannome di Gambediragno per la sproporzionata lunghezza delle sue membra inferiori, che gli davano l'apparenza d'una tonsura messa sopra due trampoli.
Povero Gambediragno, sublimemente illustre per assurdità e pazienza! O grande e non conosciuto martire, perdonami le risa involontarie, che scoppieranno al suono del tuo nome, in grazia delle lacrime che a quelle seguiteranno; e possa la profonda e sincera commozione dell'uomo nel raccontare le tue sofferenze, riparare in parte le offese che ti fecero l'irriflessivo fanciullo e i suoi compagni.
L'eccessiva tendenza della famigliarità, che è uno dei caratteri propri della fanciullezza, esige che i maestri stiano bene attenti, perché non degeneri in villano disprezzo; finezza di giudizio posseduta da pochissimi e molto meno da Gambediragno. E questo era appunto lo scoglio contro cui urtava la maggior parte dei nostri superiori, eccetto il P. Rettore e il maestro di Poetica. Gambediragno poi non la conosceva neanche di nome. Tutti sappiamo quanto i ragazzi siano spietati verso i difetti della persona. Gambediragno ne aveva tanti, che sembrava fatto apposta dalla natura per essere la calamita delle beffe. Aggiungi la mancanza in lui di ogni qualità che potesse conciliargli il più piccolo rispetto; non scienza, non maniere, non gusto, non alcun'altra delle vere o piacenti prerogative, capaci di compensare una meschina e rozza apparenza.
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