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      In questo mentre un disgraziato, che era di vista corta, comincia ad esitare e a balbettare. Gambediragno aggrotta le ciglia: "Non vi vergognate" gli grida "di rimanere tanto al disotto degli altri? Imitate il loro esempio". Nuova ilarità. "Accostati di più" grida una voce. "Dovevi metterti gli occhiali" continua un secondo. "Un'altra volta scriveremo più grande" ripete un terzo. La direzione di tutti gli occhi finalmente rivolge quelli dell'estatico maestro a guardare sotto la cattedra e vi scorge attaccato un ampio cartellone, su cui era scritta la lezione di quel giorno a lettere cubitali. Indignato, lo straccia, e sparpaglia i pezzi intorno rabbiosamente.
      Quindi si raccolgono i componimenti; ma tra cinquanta scolari, dodici appena li consegnano. Gambediragno va in furia per così grave mancanza e vuol saperne il perché. Siamo adesso al più bello. Uno mostra con aria addolorata la guancia, che poco innanzi era sanissima, terribilmente gonfiata per un mal di denti; un altro si è slogata una congiuntura e la mostra orribilmente contratta; un terzo alza l'indice della mano destra fasciato di cenci, e dice d'esserselo tagliato fino all'osso; altri infine sostengono audacemente d'aver già consegnato il componimento e che deve essere smarrito, e vanno attorno cercandolo. Il povero Gambediragno deve contentarsi dei lavori che gli sono presentati, e incomincia a leggere.
      Appena accintosi a quest'opera, l'uditorio si accinge a quest'altra. Alcuni appoggiano i gomiti sul banco e se la dormono saporitamente; altri si mettono a giocare a dama, altri a pari e dispari.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Gambediragno