Questa petulanza era per me una prova sicurissima che egli aveva copiato. "Gonfiati pure" dissi tra me e me "povero ranocchio della favola; domani ti toccherà scoppiare". Finalmente venne l'ora decisiva. Il signor Lanzi, dopo aver fatto dire la lezione e raccogliere i lavori scritti, prese i due importanti quaderni. Il mio era cucito con un nastro turchino, quello del principe con un nastro rosso. Un "Oh!" a mezza voce di commozione e di soddisfazione si udì per tutta la classe.
Leggeremo prima il componimento del principedisse il maestro "poiché ne ha il diritto, essendo il provocato". Il principe si alzò, e con la più grande sicurezza disse: "Ho trattato il soggetto in versi sciolti, perché questo metro mi parve il più adatto alla sua gravità".
Benissimo!
riprese il Lanzi; e cominciò a leggere ad alta voce, mentre io tenevo gli occhi sul libro nascosto sotto il banco. Il principe non si era nemmeno data la pena di cambiare un epìteto, e credo che avesse copiato anche le virgole.
Ma davvero, signor Lorenzo
esclamò il maestro, voltosi a me col suo solito sorriso, appena fu in fondo alla prima pagina; "ma davvero che questi sono versi bellissimi! Se i vostri sono migliori, bisognerà dire che ve li abbia ispirati Apollo stesso".
Non ho queste speranzesoggiunsi con una finta rassegnazione. Il maestro mi guardò due volte, forse per intendere bene il senso della mia risposta, e continuò a leggere. Lo lasciai fare per qualche tempo, perché il mio rivale potesse bevere a grandi sorsi le lodi che gli venivano prodigate; alle quali io pure mi univo con ripetute esclamazioni di meraviglia.
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Lanzi Lanzi Lorenzo Apollo
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