Accadde intanto che il maestro dovette arrestarsi un poco per capire una parola dello scritto. Allora io, còlto il bello, alzatomi su, dissi: "Se crede, signor maestro, le posso risparmiare la fatica di decifrare il manoscritto".
Che dite voi?
domandò egli meravigliato.
Dico che i versi che ella legge con tanta fatica manoscritti potrebbe leggerli con tutta facilità stampati in questo libro
. E tenendo il volume esposto alla vista di tutti, continuai la lettura del componimento del principe.
Il povero ragazzo mancò poco che non svenisse. "Qua codesto libro!" gridò il maestro tutto accigliato; e dopo avere per un momento confrontata la copia con l'originale, arrossì di sdegno e rivoltosi al principe: "Questa poi", esclamò, gittando via con ira quei versi copiati, "Questa poi è un'indegna frode, la quale, mentre vi disonora di fronte al vostro rivale, è anche un grave insulto al vostro maestro". Il principe, tutto disfatto, tentò con le lacrime agli occhi di balbettare qualche scusa: "Zitto!" tuonò con gran voce il Lanzi; "qui non c'è luogo a scuse, e queste non fanno altro che render più grave l'insulto".
Dopo una pausa di pochi minuti, nei quali il maestro si ricompose alla solita calma e serenità: "Ora leggiamo" disse "il componimento del signor Lorenzo. Con lui almeno non c'è pericolo di nessuna frode: tutto quello che fa è sincero". E cominciò a leggere.
Quello che posso dire è che la mia selva poetica destò tanto entusiasmo nel maestro che la leggeva e negli scolari che la udivano, che più di un passo fu vivamente applaudito.
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Lanzi Lorenzo
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