CAPITOLO VI
Si descrive un pugilato. Le comuni speranze
si rialzano, ma presto le mie proprie ribassano
Nel dopo pranzo il principe mostrava d'essersi riavuto dall'abbattimento della patita vergogna, ed era in istretti colloqui con Anastasio, col Barilli e con qualcun altro de' suoi partigiani. Si capiva bene che stavano macchinando contro di me, e m'aspettavo qualche vendetta, sapendo quanto fosse vendicativo il mio avversario.
Difatti la sera stessa fui provocato nel modo seguente. Dopo cena, durante la mezz'ora di ricreazione, me ne stavo seduto sopra uno dei banchi della sala di studio, discorrendo tranquillamente con due o tre compagni. Il principe prese a passeggiare su e giù davanti a me con le braccia incrociate sul petto, facendo delle spallucciate di disprezzo e dandomi una guardataccia tutte le volte che mi passava d'accanto.
Sopportai tre o quattro volte questa muta dimostrazione; ma, perduta finalmente la pazienza: "E che cosa volete ora da me?" gli gridai; "forse una seconda prova? Molto bene! Voi potreste riuscir meglio nei versi latini o nella prosa!".
Non so che farmi né dei vostri versi, né della vostra prosarispose il principe con disprezzo; "ne ho forse bisogno io per vivere? Piuttosto vorrei vedere" soggiunse con l'aria di un bravo "chi di noi due abbia le braccia più forti!".
Ognun sa quanta stima facciano i ragazzi della forza muscolare e del coraggio che l'accompagna. L'essere superiore in tale esperimento avrebbe contrappesato qualunque grado di superiorità intellettuale.
| |
Anastasio Barilli
|