Il seggiolone, su cui sedeva immobilissimo il P. Rettore, era posto accanto alla parete dal lato della porta, così che, entrando, l'occhio lo vedeva soltanto di profilo. Io osavo appena alzare gli sguardi sulla sua faccia, mentre mi avvicinavo cautamente verso la sua destra, dove rimasi in piedi. Egli non si volse, né fece il più piccolo segno d'essersi accorto della mia venuta. Ma quando mi feci a cercare la sua mano, che teneva sopra un ginocchio, per baciargliela secondo il costume, egli la tirò a sé con mala grazia.
Qui ci fu un momento di terribile silenzio, durante il quale potevo sentire distintamente il rapido battito del mio cuore, ed il ronzìo delle ali delle mosche, che si agitavano tra le carte ammucchiate sulla scrivania. Tutto a un tratto il P. Rettore parve svegliarsi e aperse lentamente un cassetto, di dove tirò fuori un libro, che mi pose dinanzi, mostrando con l'indice il titolo in modo da richiamarvi sopra la mia attenzione. Io lessi: Index librorum prohibitorum a Summo Pontifice, ecc. (Indice dei libri proibiti dal Sommo Pontefice, ecc.). Lasciatomi leggere a tutto mio agio questo titolo, ritirò il libro, ne sfogliò alcune pagine, come se cercasse qualche passo particolare, e di nuovo me lo pose sott'occhio. Questa volta l'inesorabile dito era appuntato sulle parole: Il Paradiso perduto di Milton. Io mi sentii annientato e desiderai di essere mille piedi sotterra per nascondere la mia confusione.
Ahimè! Pochi dì innanzi, essendo andato a casa in giorno di vacanza, avevo preso dalla libreria di mio padre il primo volume del Paradiso perduto tradotto in italiano, che, nascosto da me con gran cura dentro alla mia scrivania, non era sfuggito alle indagini o del prefetto, o di qualcun altro dei superiori.
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