Quidquid impune facere, id est Patrem Somaschum esse
. (Fare qualunque cosa impunemente, vuol dire essere un Padre Somasco). Questa parodia di una celebre sentenza di Tacito, scritta a grandi caratteri, era firmata con lettere di sangue - Sforza. - Grande fu la mia meraviglia, vedendo che un tal nome si era presa la responsabilità di un concetto così ardito. Sforza, uno dei giovani della prima camerata, era tenuto per una vera nullità, e non era stato neanche messo a parte dei nostri disegni rivoluzionari. In un altro luogo era descritta a lungo la patetica storia di un giovane prigioniero, che aveva sofferto quindici lunghi giorni di carcere piuttosto che denunziare un suo complice.
Questo martire infelice dell'onore aveva notato giorno per giorno le sue sofferenze sul muro della prigione, unico suo taccuino, in un semplice e commovente lamento in istrofe rimate, che finivano tutte col ritornello:
Meglio morire in carcere
che vivere da spia.
Più lontano un quasi impercettibile Morte ad Anastasio! mi fece sorridere di rabbia. Nascosto in un angolo e scritto in caratteri microscopici, attestava sufficientemente la pusillanimità di chi l'aveva scritto.
Qui finì la mia rivista delle iscrizioni. Sebbene le giornate fossero già lunghe, perché eravamo d'aprile e altrove rimanesse una buon'ora di luce, pure il buio si addensava tanto nel mio stambugio che non potevo più vederci; per cui i tristi pensieri tornarono a impossessarsi di me. A mano a mano che le tenebre si facevano più fitte e l'ora fissata si avvicinava, la mia ansietà diveniva più grande e i miei passi per la prigione più e più concitati.
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