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      Il solo rumore della pioggia che batteva nelle finestre rompeva il silenzio, che, fuori dell'ordinario, era religiosamente osservato.
      Finalmente la grande ora sonò. Io gittai uno sguardo all'intorno sopra i miei fidi, che fu corrisposto da un'occhiata significantissima di ciascuno, la quale diceva che tutti erano pronti e che io potevo contare su loro.
      In un batter d'occhio il grande paniere contenente la nostra colazione fu vuotato, e ciascuno di noi se ne tornò colla sua parte al proprio tavolino. Il prefetto intanto uscì dalla sala. Anastasio, fregandosi le mani per la contentezza, cominciò il suo giro. I suoi cupidi sguardi si fissavano su tutto quel ben di Dio spiegato innanzi ai suoi occhi: mele, pere, arance, datteri, mandorle, zibibbo, mortadella di Bologna, tavolette di cioccolata, burro, ecc., ecc.: pareva soltanto impacciato dalla difficoltà della scelta. I due satelliti gli erano come sempre alle spalle. "Oh, oh!" gridò con un riso in falsetto, "forse che qualcuno di voi ha vinto un terno al lotto, a vedere tutto questo scialo? Bene, bene!" e si fermò dirimpetto al tavolino di uno dei nostri. "Ecco qui due arance così belle, che io non ne ho vedute di simili in vita mia. Mi tentano davvero; ma, siccome io sono un buon ragazzo, ne piglieremo una per uno da veri amici".
      Mi dispiacerispose il proprietario delle arance, fedele alla consegna, "ma voi non le gusterete". "Siete impazzito?" replicò Anastasio "oppure avete bisogno di una lezioncina?". E, così dicendo, prese destramente una delle arance disputate, che l'altro ragazzo si sforzava inutilmente di coprire con le mani e coi gomiti.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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