Vadoni! Vadoni!". La seconda e la terza imitarono l'esempio; le due inferiori, che s'erano già alzate, tornarono a sedere. Il superiore, sconcertato, si provò a fare un atto d'autorità, afferrò per il colletto dell'abito uno dei nostri, sforzandosi a tutto potere di strapparlo dal suo posto. Tutta quanta la camerata si levò come un sol uomo, correndo in aiuto del compagno assalito. Una pugna in tutte le regole si attaccò tra il Vicerettore aiutato dal nostro prefetto e la prima camerata, sostenuta dalla seconda e dalla terza. I due preti furono presto sopraffatti, respinti dalla folla crescente sino all'ingresso e poi cacciati fuori dal refettorio, la cui porta fu loro chiusa dietro le spalle. Così rimasti padroni del campo, festeggiammo la nostra vittoria con frenetici applausi, senza più pensare alla cena. L'eccitazione ci toglieva il pensiero di mangiare.
Dieci minuti dopo la porta si riaprì di nuovo, ed entrò il P. Ministro. Questa era per noi un'altra vittoria: il Vicerettore non aveva più il coraggio di mostrarci la faccia. E perché nell'aspetto del P. Ministro non c'era nulla di minaccioso, così fu accolto non malamente. Non proferì parola. Dopo pochi minuti incominciò il ringraziamento, a cui fu risposto più o meno decentemente. Le camerate si disposero in fila ed uscirono con a capo la prima, secondo il consueto.
La porta del refettorio dava sul piazzale da giuoco della seconda camerata, scena principale dei fatti or narrati. A destra di quella porta era la scala, che conduceva al piano superiore, dove erano le sale di studio e i dormitori.
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Vicerettore Ministro Vicerettore Ministro
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