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      Invece di piegare a destra verso la scala, la prima camerata, ad un cenno dello Sforza, piegò a sinistra, e si sparpagliò nell'ampio piazzale. Le camerate seguenti fecero lo stesso, e tutte insieme si misero a camminare in massa intorno al piazzale, fischiando, urlando e facendo alti schiamazzi. Il grido dominante era sempre: "Vadoni! Vogliamo il Vadoni! Giù il Vicerettore". Il tumulto e il diavoleto superavano ogni descrizione. Il P. Ministro, i prefetti, i servitori, ciascuno con un lume in mano, correvano in ogni parte, strepitando, minacciando e gesticolando come ossessi. Qua e là afferravano alcuni ragazzi cercando di metterli insieme; ma appena li lasciavano per raccoglierne altri, questi fuggivano, sicché dovevano rifarsi da capo. Era propriamente il lavoro delle Danàidi. Ciascuna colonna del chiostro serviva di nascondiglio e favoriva i fuggitivi. Era un nuovo genere di corse; e chi sa quando sarebbe finito. Ma poiché, dopo un'ora all'incirca, il giuoco divenne monotono e noioso, così per la sola stanchezza le camerate si ricomposero a mano a mano e si avviarono di propria volontà ai dormitori.
      Così restammo senza ausiliari, e bisognò fare assegnamento sulle sole nostre forze per mantenere viva l'agitazione, finché non si fosse ottenuta la libertà del Vadoni. "Chi va a letto prima che il Vadoni ci sia reso è un vile" gridò lo Sforza, che nell'esercizio della sua carica aveva saputo mostrarsi degno del comando supremo. Questo diavoletto era dappertutto e sempre in prima fila, animando incessantemente gli altri con le parole e con l'esempio.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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