L'abito, cosė detto a coda di rondine, aveva un cornicione smisurato e le falde lunghe e strette. L'unica mia occupazione per tutta la settimana fu di andare pių volte al giorno dal sarto per vigilare la fattura di cosė belle robe e affrettarne l'allestimento.
Anche la scelta del cappello mi dette non poco da pensare. Le teste in quel tempo erano divise in due fogge di cappelli; cappelli con tesa stretta e pelo rasato, e cappelli con gran tesa e lungo pelo. Dopo molta riflessione mi risolvetti per il cappello con gran tesa, quello appunto che meno bene mi stava. Alla fine il mio intero corredo fu bell'e pronto, e una domenica mattina potei finalmente vagheggiarmi allo specchio in giubba color marrone, calzoni celesti chiari, sottoveste e cravatta di fantasia, cappello piegato con una certa negligenza da una parte, guanti bianchi di cotone, e in mano una mazzetta d'osso di balena. Cosė abbigliato, e non poco unto di pomata, uscii a far visita allo zio Giovanni.
Lo zio Giovanni era l'unico fratello superstite di mia madre, e maggiore di lei d'una ventina d'anni almeno. Mia madre, che lo stimava ed amava moltissimo, mi aveva espresso il desiderio che la prima visita la facessi a lui per salutarlo rispettosamente. Questo zio era per me piuttosto un essere astratto che un uomo reale, in quanto che non vi fosse persona che avessi pių spesso sentito nominare, e che avessi veduto pių di rado. Le sue visite nei miei cinque anni di collegio saranno state al pių una dozzina, e sempre in gran fretta.
| |
Giovanni Giovanni
|