Io, naturalmente, mi risentii di quel modo di procedere e ne seguì una vera e propria rissa. Da quel momento cominciò una sequela di ostilità da parte del mio grosso avversario, da empirmi di amarezza. Un giorno mi espose alle risa di tutta la classe, avendomi attaccato dietro una lunga coda di carta. Montai su tutte le furie e giurai di fargliela scontare dopo la lezione; ma lo cercai inutilmente; onde me ne tornai a casa tutto agitato, sbuffante di rabbia e anelante vendetta.
Dopo il mio ritorno dalla campagna nella città, avevo ripreso le mie letture, e allora il mio libro prediletto era la Vita del Beato fra Martino da Lisbona, che mi piaceva moltissimo. Fra Martino era un santo, e come tale operava miracoli. Era, per esempio, al tempo stesso nella Cina, a convertire gli infedeli, ed in Lisbona ad assistere la madre moribonda. Mentre in questo stesso giorno continuavo nella mia lettura, m'imbattei in un passo che mi colpì profondamente, perché aveva una perfetta somiglianza e una possibile applicazione al mio proprio caso. Il povero fra Martino, quando da giovinetto frequentava le scuole, aveva un briccone di compagno che sempre lo burlava, lo batteva e lo strapazzava in tutte le maniere. Il buon fra Martino non si spazientiva per questo, non si risentiva, non macchinava vendette; ma a forza di pazienza, di gentilezza e di sottomissione riuscì a toccare il cuore e a edificare il suo giovine persecutore in modo che questi presto addivenne l'amico e l'ammiratore suo, e finalmente un gran santo.
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