Il mio confessore di collegio mi aveva fatto il regalo di una cosa che egli chiamava un tesoro, cioè una breve orazione, che mi diceva essere stata consegnata dalla SS. Vergine con le proprie mani a S. Bernardo, assicurandomi che chiunque l'avesse recitata tutte le volte che passasse innanzi a una immagine di Maria Benedetta sarebbe stato certo di salvare l'anima sua. In quel mio accesso di devozione mi ricordai della miracolosa preghiera, la quale giaceva seppellita tra i miei fogli. Ne feci ricerca, la ritrovai, me la misi a memoria, e l'andavo recitando per la strada dinanzi ad ogni immagine della Madonna, in cui m'imbattessi. E poiché in Genova, come tutti lo sanno, ad ogni cantonata c'è una Madonna, creda pure il lettore che questa era una faccenda piuttosto seria.
Un dopopranzo, mentre ero sempre in quella disposizione di spirito, andai con Alfredo a fare una lunga passeggiata sulle alture che coronano Genova. Questa passeggiata ci riuscì più lunga e faticosa che non ci aspettassimo; cosìcché, prima di tornare in giù, ci fermammo per riposarci e per godere la prospettiva che ci stava dinanzi. Il sole era vicino al tramonto, e a misura che i suoi rosei raggi si ritiravano d'una in un'altra collina, d'una in un'altra montagna, parevano colorarsi in una tinta molle e malinconica. A poco a poco un velo bigio oscuro si stendeva giù in fondo alla valle, e la lucida trasparenza del mare adagio adagio scomparendo, si perdeva in un colore plumbeo ed uniforme. Regnava nell'aria quel silenzio e quella quiete che son propri della sera, quando si avvicina la notte.
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