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      CAPITOLO XV
     
     
      Il mio fratello Cesare arriva e prende il comando.
      Ghiribizzi e fantasie
     
      I mesi succedevano ai mesi, e la mia vocazione vacillava un giorno più dell'altro, finché il ritorno di mio fratello Cesare le dette l'ultimo crollo. Una dozzina di mesi passati in campagna non solo lo avevano rimesso dalle conseguenze della scarlattina, ma lo avevano anche fatto un giovinotto forte e robusto.
      Tra noi due poco ci correva d'età, ed eravamo molto somiglianti nei gusti. Avevamo la stessa inclinazione all'avventuroso e al romanzesco, e in tutto mettevamo egualmente una grande passione. Presto divenimmo grandi amici e inseparabili. Cesare era un giovane molto bello, piuttosto basso di statura, ma più forte e più quadrato di me. Aveva un altro vantaggio sopra di me: voglio dire che, avendo lasciata la scuola da parecchio tempo, aveva molta esperienza del mondo, in cui era entrato da un pezzo. Per esempio, sapeva giocare al biliardo e poteva fumare. Io non ebbi mai il pensiero di disconoscere neanche per un solo momento la sua superiorità, ed egli per conseguenza divenne capo in ogni cosa. Grande era, a mio credere, il suo gusto nel vestire, e specialmente il nodo della cravatta destava la mia ammirazione. Egli non approvò la foggia de' miei abiti e trovava molti difetti nella forma del mio cappello. Anzi una sera scaldò un ferro da stirare e ne spianò la tesa, dandogli così un garbo migliore.
      Aveva molti amici, i quali gli imprestavano i libri, che poi passava a me; ma per lo più li leggevamo insieme.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Cesare Cesare