Se fo il conto di quello che imparai in tutto questo tempo, la somma non è molto confortante, ed io non ho molta ragione di andarne superbo. Imparai a sonare la chitarra, giocare a biliardo, a fumare (Dio solo sa a costo di quanti sconcerti) e a ballare. Per dir il vero, la mia prima ed ultima prova in questa parte assai importante della mia educazione fu per me tutt'altro che incoraggiante. Ciò avvenne in un ballonzolo improvvisato in campagna. Vi erano pochi giovinetti e diverse signorine. La coscienza della mia imperizia mi consigliava a starmene in disparte; ma una delle signorine mi perseguitò fin nell'angolo, dove m'ero ritirato, e volle a tutti i costi che ballassi con lei. Ma se n'ebbe presto a pentire, perché dopo uno o due giri di valzer (horresco referens! inorridisco a raccontarlo), la pestai così malamente che fu quasi per svenire. Io rimasi tanto dispiacente della mia balordaggine, che giurai sul piede gonfiato della mia sfortunata compagna di non ballare mai più; e ho mantenuto la parola.
Nonostante il poco studio, gli esami che dovetti sostenere alla fine del biennio andarono molto bene, grazie a un mese di sgobbo, nel quale Alfredo ed io ci lanciammo a tutta forza come un treno a grande velocità. Anche Alfredo andò a passar le vacanze in famiglia, che dimorava in una piccola città del Piemonte. Io le passai nella villa di mia madre, dove Cesare, che era un gran cacciatore, m'insegnò a maneggiare il fucile. Presi una gran passione alla caccia, e quei tre mesi di divertimenti passarono come un lampo.
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