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      Il Governo nominò una Commissione per riformare gli studi nel regno. Era questo un primo passo a riaprire le Università. È quasi inutile aggiungere che la scelta della Commissione cadde sopra uomini devoti al Governo, cioè che alla riforma ed al riordinamento degli studi furono preposti i più bigotti, i più retrivi, i più ostili ad ogni idea di moderato progresso ed i nemici più accaniti della gioventù.
      Questa Commissione si accinse all'opera, animata da quello spirito che l'aveva composta, e seppe giustificare in tutta e per tutta la fiducia del Governo. I signori Commissari si proposero, rispetto alle Università, un doppio intento; d'aver pochi scolari, e di angariare questi pochi più che fosse possibile.
      Per conseguire il primo intento formarono due categorie di studenti: quella di coloro le cui famiglie potevano provare il possesso di una determinata proprietà in terreni, e quella di coloro le cui famiglie non lo potevano. Ordinarono inoltre due modi diversi d'esami, l'uno per gli studenti della prima categoria, l'altro per quelli della seconda. Gli esami di questi erano stati a bella posta sopraccaricati di tante difficoltà, così per la estensione delle materie come per il numero dei voti necessari alla promozione, da persuadere anche i più fiduciosi nel loro ingegno a non cimentarvisi. Ciò era né più né meno che un modo certamente mascherato di escludere dalle professioni liberali un'intera classe di cittadini.
      A conseguire il secondo intento, cioè quello di angariare gli studenti poveri, i Commissari li sottoposero a una farragine di minute, puerili ed umilianti regole e restrizioni, e li lasciarono in preda ad un sistematico malvolere di tutti coloro che erano in qualche modo addetti all'Università. E in questo secondo punto i Commissari (sia detto a loro lode) riuscirono a meraviglia.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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