Fui puntuale all'ora, e v'andai in compagnia del mio fedele Alfredo, il quale aveva fatto con me tutti i passi che dovemmo fare per le necessarie formalità, ed era assai contento che, contro i suoi timori, nessuna obiezione gli fosse stata fatta circa la sua espulsione dal collegio. Battevano le otto, quando suonai al quartiere del signor Merlini. La porta foderata di baietta verde si aprì senza fare il più piccolo rumore, ed un vecchio servo, secco allampanato, ci mostrò una faccia di spavento. "Il signor Merlini?". "Piano" borbottò lo scheletro "non parlate così forte; avete fatto abbastanza fracasso col campanello". Io m'immaginai che il signor Merlini avesse avuto un tocco d'accidente e fosse in agonia: ma il vero fu che egli non si era ancora alzato.
Il buon uomo amava, a quanto pare, di far la siesta e il dopopranzo se ne andava sempre a letto per non alzarsi che alle otto di sera. Per una porta pure foderata di baietta verde, e che s'apriva chetamente come la prima, fummo introdotti in un salotto coperto di un grosso tappeto. I tappeti raramente si usavano in Genova per la mitezza del clima; onde fu per me una cosa affatto nuova e non del tutto piacevole, quel di muovermi come un'ombra senza fare il più piccolo rumore. Questa circostanza, il turbamento del servitore, il silenzio sepolcrale che regnava là dentro, tutte insieme queste cose produssero un singolare effetto sopra di me. Fui preso da un gran freddo e sentivo un'impressione, come se i Piombi di Venezia si fossero aperti per ricevermi.
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