Nulla di così provocante fu mai inventato; nulla mai produsse tanti atti di servilità da una parte, e di grande parzialità dall'altra, come quel tristo uso di fare la chiama.
Era proprio la spada di Damocle continuamente sospesa sulle nostre teste. E difatti ci ponevano a discrezione dei professori; perché, dove poteva essere uno studente che fosse sicuro di non mancare tre volte in tre mesi per qualche minuto all'ora della lezione e che non avesse bisogno d'un po' d'indulgenza? Per i giovani di carattere indipendente, che non si abbassavano a suppliche ed a preghiere, la croce fatale non si cancellava mai; al contrario spariva subito per coloro che si umiliavano vilmente e si strisciavano.
La lettera era tutto, lo spirito niente. Lo scolaro che frequentava le lezioni, se specialmente stesse sottomesso, anche se non apriva mai un libro e s'impappinava alla più semplice domanda, e proprio faceva la parte del balordo, adempiva la lettera della legge (e ciò bastava) ed era irreprensibile. Al contrario, un giovine di coscienza, e che non fosse un Gingillino, per quanto studiasse o fosse incensurabile nella sua condotta, era colpito senza misericordia alla più leggera infrazione della lettera della legge. Lo scopo era di formare degli automi e non degli uomini. L'Università era come un gran torchio per ispremere dalla crescente generazione ogni indipendenza d'animo, ogni dignità, ogni rispetto di sé stessa; e quando ricorro col mio pensiero alle nobili nature, che nonostante tutto ciò, uscirono da quel letto di Procuste, non posso non pensare senza orgoglio ai forti elementi morali posseduti dalla nostra italiana natura tanto disprezzata, per uscir sana e vigorosa da quell'ambiente deleterio.
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Damocle Gingillino Università Procuste
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