La scuola romantica, per contrario, era quella dei liberali in letteratura, dei nemici dell'autorità. Di Aristotile e delle sue unità non volevano sentire parola. Per il loro genio non aveva altra legge che sé medesimo; l'imitazione significava impotenza, e la natura era la sola ed eterna sorgente del vero e del bello. Dalla letteratura il desiderio di novità era passato nelle arti. Il Rossini nella musica, l'Hayez e il Migliara nella pittura, avevano aperte nuove strade. Il Manzoni, capo riconosciuto della scuola romantica letteraria, aveva allora allora pubblicato i Promessi Sposi e i periodici dell'uno e dell'altro partito s'erano gettati sul libro con una specie di furia, gli uni mettendolo in cielo, gli altri sprofondandolo nell'inferno. A sentire i primi, Manzoni era un semiddio; a sentire i secondi, appena appena un uomo.
Fantasio non poteva rimaner dubbio nella scelta. Abbracciò la causa della scuola romantica, con tutto l'ardore e la devozione della sua natura. Stampò in un periodico fiorentino del partito romantico una serie di scritti molto ingegnosi, nei quali metteva fuori le teorie più rivoluzionarie intorno all'arte. Noi l'applaudivamo di cuore, e, seguendo l'esempio del nostro giovine condottiero, ci facemmo partigiani di Shakespeare, del Manzoni, del Rossini e del Migliara. Fantasio, nella sua fervida attività che lo caratterizzava, concepì subito l'idea di un giornale letterario, di cui egli sarebbe stato il direttore, ed io uno dei collaboratori. Ma qualche difficoltà, che ora non ricordo bene, venne ad attraversare questa idea, la cui effettuazione fu differita.
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