Egli così pieno di vita una settimana prima! Impossibile, impossibile! Dio non lo può volere! Che sarebbe di me senza Cesare? Credevo di aver provato tutta l'amarezza del dolore, e appunto allora cominciava per me l'angoscia, un'angoscia molto diversa da ogni altra che avessi sofferta per l'avanti.
Ma come! Cesare stava per morire, e il cielo era azzurro come sempre, e il sole era nel suo splendore, e gli uccelli cantavano ancora allegramente sul tetto della casa, e tutta la natura era in festa! Ciò non poteva essere.
Due lunghe file di persone con ceri accesi ingombravano la scala stando in ginocchio e recitando preci. Il sacerdote vestito dei sacri indumenti si appressò al letto e amministrò il Viatico. Ognuno dipoi si ritirò in silenzio, e la camera rimase vuota, e nient'altro più si udiva che il tic-tac misurato dell'orologio. Era questa una realtà o una visione? Io mi sentivo scoppiare il cuore; qualche cosa dentro al mio seno pareva che lo spezzasse. Sia ringraziato Dio, che mi concesse il sollievo nel pianto! Mi ritirai in una stanza attigua, nascosì la testa fra i guanciali di un sofà e piansi da quella infelicissima creatura che ero. Cesare passò tutta la giornata del tutto immobile; poteva essere creduto un cadavere. Il suo respiro era impercettibile e appena appena appannava uno specchio che ripetutamente gli ponevo dinanzi alla bocca. Sul tardi della sera, con voce che a malapena s'udiva, chiese: "Da bere". Queste due parole ridestarono le nostre speranze. Corremmo subito per il medico, che esaminò il malato, e disse esserci un leggero miglioramento.
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