La natura è un gran medico
, aggiunse il vecchio dottore; "se questo miglioramento continua nella notte, il malato è salvo". Mia madre, nella piena gratitudine, si gettò ai piedi del vecchio e gli bagnò di lacrime la mano. In quel momento mi pentii di non essermi dato alla professione del medico.
Difatti, la notte passò tranquillamente, e la mattina il delirio era cessato del tutto; ma l'abbattimento del povero paziente era tale che per due giorni non poté proferir parola né mutar posizione. La convalescenza fu tediosa, ma senza ricadute. Un mese dopo il principio della malattia, Cesare poté alzarsi la prima volta e far qualche passo per la camera appoggiato al braccio della madre. Appena fu in condizione di poter sopportare il moto d'una portantina, mia madre lo fece condurre in campagna, dove lo raggiunsi alla fine dell'anno scolastico, trovandolo, con mia dolce sorpresa, quasi interamente rimesso.
Mio padre doveva essersi amaramente pentito delle dure parole da lui dette la prima sera della malattia di Cesare e che avevano trafitto il cuore di mia madre. Entrò diverse volte nella camera e sedette accanto al letto di Cesare senza far parola; ma essendosi accorto della penosa impressione che la sua presenza faceva sull'infermo, faceva capolino di tanto in tanto alla porta per chiedere le sue notizie. Sull'alterco fra Cesare ed il suo principale mio padre tacque sempre, né mai disse parola o fece la più piccola allusione. Ma alla fine delle vacanze domandò a Cesare che cosa intendeva fare.
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