È l'affare di domenica passata, sai
. A queste parole mi cadde la benda dagli occhi.
Qualche disordine piuttosto grave era avvenuto in Congregazione la domenica precedente, ed io era la vittima d'una falsa accusa: seppure i commissari, non avendo potuto trovare i veri colpevoli, non avevano menato i loro colpi alla cieca. Senza alcun dubbio io ero il capro emissario.
Le funzioni nella chiesa dell'Università erano state interrotte in quel giorno da una cagione singolare. A metà della Messa un fetore così insopportabile s'era sparso attorno l'altar maggiore ed il coro, che il celebrante fu costretto ad interrompere il divin sacrifizio e rifugiarsi in sagrestia. Fatta un'ispezione si trovò dietro l'altar maggiore una quantità di semi di gaggio, che erano stati masticati e sparsi in diversi punti. Il gaggio è un arboscello della specie dell'acacia (Mimosa Larnesiana), che produce un fiore giallo e lanuginoso fatto a forma di pallottola, e di una grande fragranza. Il suo seme, se venga masticato e messo in luoghi chiusi, dopo un po' di tempo manda un fetore nauseante e pestilenziale.
Lo scandalo che ne seguì fu tanto grave da indurre il signor Merlini, che, secondo il solito era il Commissario del mese, a convocare l'intera Giunta: cosa che avveniva di rado. Per quali informazioni i Commissari si fossero risoluti d'infliggere varie punizioni a parecchi studenti, io non pretendo di dirlo. Questo so bene, che, quanto a me, erano caduti in un grand'errore, perché quella domenica fatale non ero neanche comparso in Congregazione.
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