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      Poco dopo riprese: "Vi sono cento strade aperte: la prima di tutte è di vedere i Commissari della Giunta provinciale: forse intenderanno la ragione. Dopo avervi condannato, non possono ricusare di sentire le vostre discolpe. Dovete, vi dico, mettervi in moto. Vedete, la peggior cosa che possiate fare, è quella di rimanere colle mani in mano, come fate ora".
      Mio padre, mi rincresce di dirlo, non seppe intendere quanto fosse dignitoso sottomettersi in silenzio e senza alcun lamento a un male inevitabile. Giulio Cesare, che si copre il volto colla toga per morire dignitosamente, invece di tentare una difesa impossibile, sarebbe apparso ridicolo ai suoi occhi.
      Piegai la testa, e risposi soltanto: "Andrò a vedere i Commissari della Giunta".
     
     
     
      CAPITOLO XIX
     
      L'ingiustizia e l'oppressionegenerano lo spirito di rivolta.
      Lo zio Giovanni predica al deserto
     
      E difatti andai. Nessuno dei Commissari, eccetto il signor Merlini, volle ricevermi. I più garbati si contentarono di mandarmi a dire che v'era un Commissario di mese incaricato di prendere cognizione di tutti i ricorsi concernenti l'Università, e che perciò dovevo rivolgermi a lui. Non mi detti per vinto; ero risoluto a vuotare il calice amaro sino in fondo. Potei sapere che doveva tenersi una seduta straordinaria della Giunta universitaria. Aspettai sulla strada tutti i suoi membri, mi rivolsi a ciascuno di loro col cappello in mano. I più non vollero darmi ascolto neanche per un mezzo minuto; ero respinto come un accattone importuno. Da uno o due fra i più umani mi fu risposto seccamente: "Io non posso far nulla in questa materia" oppure "la Giunta ha preso la sua decisione" ovvero "parlate con i miei colleghi", le quali risposte erano accompagnate da un gesto, che significava chiaramente: "Basta!


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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