Il signor Merlini, l'eterno Commissario di mese, fu, come ho detto, il solo dei membri della Giunta che si degnò di ricevermi. Mi parve di buon umore e non volle perdere l'opportunità di divertirsi alle mie spalle.
Come ho già raccontato, amava barzellettare. Era in lui un raro composto di scimmia e di iena. Scherzava con noi tale e quale il gatto scherza col topo, con la stessa delicatezza, la stessa ingenua ferocia, lo stesso intenso godimento. Odiava tutti noi, perché eravamo giovani; ci martoriava con squisita raffinatezza per il solo gusto di esercitarsi. Così, per esempio, la sua anticamera nella quale dovevamo aspettare, sa Iddio quante lunghe ore, era sempre ermeticamente chiusa nell'estate ed aperta nell'inverno a qualunque soffio di vento. Lasciava partire dal suo cospetto interamente rassicurato uno studente, di cui firmava un quarto d'ora dopo la sentenza di espulsione o di sospensione, o che forse aveva già firmato, e rimandava atterrito da qualche parola, lasciatasi sfuggire a bella posta, un altro studente che nulla aveva da temere.
Il signor Merlini mi ricevette con grande piacevolezza: "In che posso servirla signor Farina?" facendo vista di prendermi per un altro. "Le chiedo scusa" dissi "sono il Benoni".
Ah! è vero! La mia memoria è così debole
(era forte come il ferro). "Ebbene in che posso servire il signor Benoni?".
Gli risposi con molto rispetto che poteva rendermi un gran servigio, suggerendomi il mezzo di mettere in luce la mia innocenza e distruggere le false ragioni su cui era fondata la mia condanna.
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