Avemmo una conversazione di più ore, la cui sostanza riassumerò nei termini più possibilmente brevi.
La storia del Vadoni è la storia di molti più giovani che non si crederebbe, anche al giorno d'oggi. Gli erano morti i genitori, e l'unico suo parente era un vecchio zio bigotto, in casa del quale si era ritirato, quando fu espulso dal collegio. Quel vecchio taccagno, di cuor duro e insensibile, invidiava al nipote il boccone che mangiava, e appena appena gli dava tanto da campare. Desolata e spaventevole era la vita del povero ragazzo sotto quell'avaro e malinconico tetto. La compagnia dello zio era tutta di preti e di frati, e con uno di questi ultimi il Vadoni aveva preso una certa intimità. II frate apparteneva al Convento del Buon Ritiro, dove spesso il buon giovinetto era indotto da lui ad andarlo a vedere. Col tempo questa amicizia si era estesa a tutti i fratelli del cappuccio, ed era addivenuta stretta col superiore del convento. Ogni cosa gli pareva così netta e pulita, ed ognuno così cortese e gentile con lui, che presto il convento gli sembrò un paradiso a paragone dell'inferno in cui viveva. Era un giovine debole di mente: i suoi nuovi amici ne avevano eccitate le tendenze religiose, facendogli apparire la sua espulsione dal collegio come un avvertimento celeste a ritirarsi dai pericoli del mondo. Insomma, avevano saputo fare così bene, che egli si credette chiamato alla vita del chiostro. Lo zio naturalmente lo aveva incoraggiato, e il povero Vadoni era entrato a vent'anni nel Convento del Buon Ritiro per cominciare il noviziato.
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